Tra le anomalie e le contraddizioni dell’Italia, non si può fare a meno di considerare che il terrorismo politico, nei suoi allucinanti programmi all’insegna dell’eversione e della distruzione dell’ordine costituito, presenta delle clamorose costanti con la passata generazione.
Quello che non dovrebbe stupire è l’ambiente della sua maturazione: gli stessi gruppi sindacali, gli stessi centri sociali, le stesse categorie che mescolano ceti, ideologi dichiarati ed insospettabili vicini di casa.
Quello che invece dovrebbe stupire, oggi più che mai, è il sottile (ma non troppo) filo che lega questi ambienti al...potere. Puntualmente, infatti si scoprono rapporti di solidarietà, condivisioni di ideali e perfino conoscenza reciproca con esponenti politico-sindacali, inutile ricordare di quale schieramento.Un sostegno mediatico che ingloba il “soccorso rosso” degli anni ’70 e, contemporaneamente, la campagna diffamatoria verso Marco Biagi attiva fino a pochi giorni prima del suo omicidio.
Quando alla fine si scopre che la metà dei coinvolti era iscritta alla CGIL si sviluppa un’indignazione non troppo convinta, seguita da solenni promesse di trovare tutte le mele marce, che guarda caso si sviluppano sempre nello stesso cestino.
Non ne abbiano a male i suoi iscritti che non c’entrano nulla, ma sono passati solo 5 anni dalla scoperta di legami comprovati tra alcuni esponenti della CGIL stessa e le BR: il presidente della FIOM-CGIL del Friuli-Venezia-Giulia fino al 1982 brigatista e condannato per banda armata, il caso-Zanussi, dove la stessa FIOM-CGIL sosteneva il movimento eversivo e l’esponente sospeso dal sindacato per aver spedito delle minacce anonime a nome delle BR. Sono curiose, fra l’altro, le numerose assunzioni al suo interno di ex-brigatisti durante l’era di Cofferati.
Coincidenze?
In questo segreto di Pulcinella troviamo la sintesi un corto circuito ideologico, dove le forze dell’ordine finiscono sotto processo più facilmente di coloro che fermano e arrestano, dove i sindacalisti diventano politici e dove chi vorrebbe cambiare il sistema ne è in realtà parte integrante.
Come se non bastasse, dovremmo preoccuparci delle future intenzioni non solo dei brigatisti a piede libero, ma anche di quelli...arrestati, perché nonostante che siano in attesa di un processo, visto l’allarmante parallelo, sarebbe il caso di rinfrescare la memoria sugli attuali passatempi dei terroristi di ieri, solo citandone alcuni: Curcio tiene lezioni all’università ed è proprietario di una casa editrice, Morucci è un salottiere che scrive e presenta libri sugli anni di piombo, accuratamente epurati delle sue gesta, D’Elia è diventato un parlamentare della Rosa nel Pugno, Lollo vive discretamente in Brasile da dove ha sostenuto la lista degli italiani nel mondo per l’Unione, la Baraldini presiede conferenze contro gli americani, La Ronconi si trova nella Consulta nazionale per le tossicodipendenze, Sofri è un editorialista...
Non solo c’è da chiedersi cosa faranno un domani gli attuali brigatisti, ma a conti fatti, considerata la fortuna degli altri, perché sorprendersi se Oreste Scalzone si improvvisi personaggio in cerca d’autore, tentando di ritagliarsi un suo spazio? Dopo grazie ed indulti non si è garantita solo l’impunità, ma si è trasmessa alla nuova generazione un’impronta di menefreghismo verso il pericolo di far scorrere del sangue innocente, di superficialità verso una causa che, se “ignorata” anche dalle istituzioni, di certo non è temuta. Questa smania di dimenticare è percepita come uno sfregio da chi, ieri ed oggi, se ne è fatto portavoce, ed in forme diverse la sostiene giustificando la sacralità di certe battaglie sociali e la relatività dei mezzi. Nessun pentimento, eccetto quello di aver sbagliato metodo, in barba ad ogni forma etica. Non si sforzano di trovare differenza tra la violenza verbale e quella fisica? E tra l’assedio ad una camionetta dei carabinieri ed un corteo contro la globalizzazione? E tra un colpo d’arma da fuoco ed uno di grancassa?
Tirate le somme, la speranza più avvertita sarà probabilmente quella di non ritrovarsi tra qualche anno i terroristi attuali in un reality show, pericolosi come modello anche senza pistola.
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